Prima di dare una risposta a questa domanda, devo premettere altre domande cui dare risposta per essere coerente.
Domande cui posso rispondere facendo tesoro della mia esperienza di musicista.
1 – A cosa serve la musica?
2 – A cosa serve un coro parrocchiale?
Riccardo Muti a tal proposito dice: La musica è un’esigenza dello spirito.
Proprio quest’affermazione del grande direttore d’orchestra italiano, rende evidente che, seppur la musica sia un’esperienza sensoriale, essa è il lato esteriore, la manifestazione fisica dell’esigenza appunto dello spirito.
A tal proposito e attingendo anche alla mia esperienza come compositore, non ricordo mai di aver composto qualcosa pensando esclusivamente a una linea melodica, armonica e/o ritmica fine a se stessa.
Sempre alla base di una mia composizione c’è stata un’ispirazione e uno stimolo emotivo che mi ha portato a esprimerlo in musica, utilizzando le mie competenze e conoscenze specifiche.
Questo, io penso che sia la base per far musica sia in qualità di compositori o esecutori; esprimere se stessi, nelle sua complessità emotiva e spirituale, attraverso il linguaggio musicale.
La seconda domanda cui provo a rispondere è: a cosa serve un coro parrocchiale?
Quando, mi hanno affidato l’incarico di seguire appunto il coro parrocchiale, mi sono posto altre domande e interrogativi.
Di che si occupa il coro parrocchiale? Qual è la sua funzione?
La risposta: anima la messa e le funzioni liturgiche.
Anima la messa, non significa certamente dare un po’ di allegria e rendere meno monotona una celebrazione eucaristica.
Animare significa appunto avvicinare all’anima, questo è il vero significato di animare le funzioni liturgiche.
Elevare il linguaggio della preghiera attraverso la potenza della musica.
Ecco che il messaggio del grande direttore d’orchestra ritorna prepotente: La musica è un’esigenza dello spirito.
Sant’Agostino diceva: Chi canta prega due volte.
A questo punto, un’altra domanda nasce spontanea: cosa cantare e come cantare?
La chiesa a questo proposito da un’indicazione precisa; Il canto gregoriano è il canto elettivo della liturgia.
Questo comporta da parte del coro e del maestro, un approfondimento di questo repertorio e delle sue peculiarità; Oltre a una ricerca di quei compositori che siano appunto in grado, con la loro arte musicale, di assolvere il compito specifico di un coro.
Questo è un compito abbastanza arduo, poiché la musica Gregoriana e quella scritta dai grandi autori quali: Palestrina, Monteverdi, Gesualdo, Orlando di Lasso etc., usando un linguaggio lontano dalla nostra sensibilità moderna che è prettamente tonale e armonico.
Questi autori si esprimono attraverso i modi gregoriani e/o comunque ne sono altamente influenzati.
L’elemento prioritario del canto gregoriano e delle musiche degli autori su citati è senza dubbio la parola, la musica è al servizio della parola, del suo significato emotivo!
Il canto gregoriano è una pura melodia, intendendo con questo il fatto che si esprime su una sola linea, anzi per essere più precisi, attraverso una curva melodica.
Ogni qualvolta la curva melodica si allontana dalla sua natura, stiamo sbagliando interpretazione.
Questo avviene, quando si sentono spigolature, accentuazioni, cioè quando ci avviciniamo a una linea ritmica come lo intendiamo noi adesso, attrazione che noi sentiamo per via della nostra educazione e acculturazione.
“La linea retta è la linea degli uomini, quella curva la linea di Dio” diceva Antoni Gaudí, l'”Architetto di Dio” padre de La Sagrada Familia egli si dimostrò perfettamente in grado di dare a tutto una forma divina attraverso le sue Opere.
Diceva ancora Nietzsche: ”Tutto ciò che è diritto mente, Ogni verità è curva, il tempo stesso è un circolo”; Allora, la verità si esprime attraverso una linea curva o un circolo.
Come cantare?
Ecco un suggerimento dall’ esortazione Apostolica postsinodale, “SACRAMENTUM CARITATIS”del Santo Padre BENEDETTO XVI.
“La bellezza non è un fattore decorativo dell’azione liturgica; ne è piuttosto elemento costitutivo, poiché è attributo di Dio stesso e della sua rivelazione.
Tutto ciò deve renderci consapevoli di quale attenzione si debba avere perché l’azione liturgica risplenda secondo la sua natura propria.”
Arte al servizio della celebrazione
Il legame profondo tra la bellezza e la liturgia deve farci considerare con attenzione tutte le espressioni artistiche poste al servizio della celebrazione.
Il canto liturgico
Nell’ars celebrandi un posto di rilievo è occupato dal canto liturgico.
La Chiesa, nella sua bi millenaria storia, ha creato e continua a creare, musica e canti che costituiscono un patrimonio di fede e di amore che non deve andare perduto.
Davvero, in liturgia non possiamo dire che un canto vale l’altro.
A tale proposito, occorre evitare la generica improvvisazione o l’introduzione di generi musicali non rispettosi del senso della liturgia.
Perché elemento liturgico, il canto deve integrarsi nella forma propria della celebrazione, di conseguenza, tutto – nel testo, nella melodia, nell’esecuzione – deve corrispondere al senso del mistero celebrato, alle parti del rito e ai tempi liturgici.
Dinamiche all’interno di un coro
Cantare in Coro fa bene
Un recente studio del Royal Society Open Science afferma che cantare in un coro ha da sempre facilitato la coesione sociale tra persone e per dimostrarlo per sette mesi hanno sottoposto un gruppo di perfetti sconosciuti ad alcuni corsi di artigianato, scrittura creativa e canto. Nel corso di canto è stato dimostrato che già dopo un mese i cantanti professionisti avevano instaurato un legame e che dopo tre mesi tutti i cantanti sia professionisti sia non, erano affiatati tra di loro. L’affiatamento più veloce è stato quello tra cantanti professionisti ma quello maggiore è stato fra i non professionisti, anche se ha richiesto un po’ più di tempo.
Il grande maestro Claudio Abbado pensava al coro come a una grande orchestra, ma con un aspetto umano molto più profondo:
Il canto è l’espressione musicale più spontanea e naturale e il coro è la forma più immediata del fare musica insieme. In un coro ogni persona è sempre concentrata sulla relazione della propria voce con le altre. L’ascolto dell’altro è quindi alla base del canto corale e in generale del fare musica insieme. Imparare a cantare insieme significa imparare ad ascoltarsi l’un l’altro.
Il coro quindi, come l’orchestra, è l’espressione più valida di ciò che sta alla base della società: la conoscenza e il rispetto del prossimo, attraverso l’ascolto reciproco e la generosità nel mettere le proprie risorse migliori a servizio degli altri.
Il direttore del coro ha un compito molto importante e spesso impervio, deve tenere insieme il gruppo, dare delle indicazioni di carattere musicale e liturgico nel caso di un coro parrocchiale, uscire dalla semplicità dei canti per entrare nel campo di una crescita musicale e culturale sia del gruppo ma anche della comunità di riferimento.
Il direttore, deve impegnarsi costantemente a migliorare se stesso e il coro, avendo come riferimento la bellezza che non è un elemento esteriore del far musica corale ma il fondamento con cui s’ispirano i grandi musicisti e la chiesa stessa.
Un insieme di voci che cantano contemporaneamente, che respirano insieme, che sentono le stesse emozioni, dove nessuno emerge, ma ognuno è a servizio dell’insieme.
Questo ci fa entrare in una dimensione di bellezza che ci avvicina a Dio, al vero creatore della bellezza.
Allora tornando alla domanda iniziale, posso concludere e dare una risposta ragionata;
A cosa serve la musica corale?
La risposta potrebbe essere: La musica corale serve come mezzo con cui possiamo trovare la nostra vera dimensione spirituale ed essere felici.
Giovanni Ferraro
Palermo 26/4/2020
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