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Favole – Fata Verdina

Questo è un regalo dela mia amica Milvia Di Michele che ringrazio.

Fata VERDINA

Fata VERDINA chiese all’Indovina, un po’ di cielo solo d’ammirare, un po’ di cielo solo da guardare, dove si perde e fonde con il mare: – Ma cosa vieni, fino qui, a cercare!- Le disse Dora, madre dei colori,  prova a scavare dentro i nostri cuori, veder potrai che lì, c’è sole e cielo!

Favole - Fata Verdina

Sugli occhi belli, steso hai un grigio velo!- Quel giorno, Fata Verde, di collina, bene ascoltò la cara sua indovina così girando, pure piroettando, blu con giallo, tuttora mescolando, danzò un valzer magnifico viennese fino a che giunse al bel caro paese, dove vivi con anime innocenti, e dopo in giro sparsero nei venti , la sua venuta come Primavera,  che avvenne quando infin scese la sera.

E poi il mattino fecero gran festa. 🙂

Tutto era verde dentro la foresta! E dentro quella, c’è una fonte blù, che ancora specchia il cielo che sta sù!  Dove la dolce stella del mattino, brillando tutti i dì, fa un bell’inchino.

Milvia Di Michele

 

Favola – Il viaggio delle bollicine di spumante!

 

Questa è la storia di una bottiglia abbandonata in una spiaggia.

Non era la solita bottiglia con un messaggio dentro ma, una bottiglia di spumante ancora piena di preziose bollicine.

Proprio in quella spiaggia, di solito abbandonata d’inverso, d’estate era sempre piena di bambini che assistevano meravigliati ai giochi delle bolle di sapone fatte da un giocoliere.

Forza bambini – diceva il giocoliere – e adesso vediamo chi riesce a far scoppiare più bollicine, potete usare ciò che vi piace: il dito, i piedi, le mani, la testa. 🙂

Chi ne fa scoppiare di più entrerà in questa bolla gigante.

Una bolla planetaria, con tutti i colori dell’arcobaleno.

Al via del giocoliere, tutti i bambini si scatenarono in una girandola incredibile, ognuno aveva il suo modo di far scoppiare le bolle e a ogni scoppio, una musica e un suono diverso.

Ecco il vincitore – disse in giocoliere – evviva, evviva, evviva, era Tiziano, un bambino dalla fantasia smisurata.

(Filastrocca di Tiziano da cantare)
Un bambino piccolino
vispo, vispo e birichino
con lo spillo sempre in mano
che di nome fa Tiziano

Con il ritmo di una samba
li scoppiava pim pum pampa
si metteva a testa in giù
bollicine non c’eran più

Bolle e bollicine di tutti i colori e di tutte le dimensioni che ballavano, scoppiettavano e si rincorrevano in una festa incredibile.

La bottiglia di spumante aveva osservato tutto e sente dentro un fremito, erano le sue numerose bollicine che volevano partecipare a quella festa insieme a tutte le altre bolle.

Pam, pam, pam che mal di testa, il tappo impediva alle bollicine di uscire.

Un tappo, oppressore della libertà delle bollicine.

La bottiglia si rattristò, voleva far felici le sue numerose bollicine e pensò, vado a parlare con tutte le mie amiche bottiglie e faremo la marcia della liberazione, insieme troveremo una soluzione.

E così fece! Andò dalle sue sorelle bottiglie di spumante e dalle sue cugine bottiglie di champagne.

Tutte le cantine furono avvisate che bisognava fare la marcia della liberazione delle bollicine, una vera rivoluzione e così fecero.

Le bottiglie di spumante fecero la marcia su Roma.

Fratelli di bolle
Il tappo non lo voglio
Fratelli d’Italia
Il tappo noi stappiamo

Le bottiglie di champagne fecero la marcia su Parigi.

Ales enfants,
La liberté,
nous débouchée
le bouchon

Il viaggio delle bollicine di spumante!

 

Il comitato spontaneo che si era formato disse: Dobbiamo dare la libertà alle nostre bollicine, non è possibile che rimangano prigioniere per colpa di un tappo.

Pensa che alcune bottiglie erano invecchiate di parecchi anni! E per le bollicine sembrava un vero carcere.

Una situazione insostenibile. 🙂

Bisognava trovare una soluzione al più presto, ognuno aveva la sua idea; chi diceva di andare al “ varo delle navi” ma si rompeva solo una bottiglia per volta, chi diceva di andare alle feste di compleanno, chi ai matrimoni, tutte belle idee ma poco efficaci.

Il problema era di liberare tutte le bollicine da questi maledetti tappi.

La libertà, sigh, è oppressa dai tappi.

Bisognava trovare un momento dove tutti stappano delle bottiglie di spumante e di champagne, ma dove? Quando?

Ci sono – disse una bottiglia d’annata – dalla mia esperienza di bottiglia invecchiata, so per certo che il momento è il capodanno; in tutte le famiglie del mondo si brinda al nuovo anno, stappando una bottiglia.
Il viaggio delle bollicine dello spumante!

Si – si gridarono tutte le bottiglie – questa è la soluzione. Abbasso i tappi, viva il capodanno, viva la libertà, tappo ti stappo.

E così, tutte le bottiglie si misero in viaggio per raggiungere in tempo tutte le famiglie del mondo ed essere pronte per il capodanno, per la festa della libertà delle bollicine.

Tutto era pronto, il conto alla rovescia avviato:10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, Pam, pam, pam, stunf, pam, stunf.

Evviva, evviva… migliaia di bottiglie stappate e milioni di milioni di bollicine finalmente liberi dal tappo.

Un esercito di bollicine festanti, dovevano raggiungere la spiaggia, dove li aspettavano i bambini per giocare con le bolle di sapone.

All’inizio dell’estate furono tutti puntuali in quella spiaggia: il mago delle bolle, le bolle di sapone, i bambini e tutte le bollicine libere finalmente dal tappo.

Come il solito anche quest’anno, Tiziano aveva vinto la gara dello scoppio delle bolle e felice entrava trionfante nella megagalattica bolla di sapone ma, questa volta anche le bollicine dello spumante e dello champagne erano lì a giocare, facendo un corollario coreografico intorno alla bolla gigante.

Tiziano era dentro la bolla gigante, felice come una Pasqua, mentre fuori dalla bolla di sapone un girotondo nuovo si era creato, i bambini rincorrevano le bollicine e le bollicine rincorrevano i bambini.

Una confusione e una felicità indescrivibile.

Questa era la storia di una bottiglia di spumante, in realtà è la storia della libertà da un tappo.

Io ho detto la mia, chi ha orecchie per intendere, intenda. 🙂

Giovanni Ferraro

Danza delle bollicine mp3

 

Fiabe per bambini – Giorgetto e la Befana (e anche il gatto)

la vera storia del carbone della befana

( La vera storia del carbone della befana)

C’era una volta un ragazzino che si chiamava Giorgetto.

A lui non sembrava di essere cattivo, anzi.

Ci teneva alle sue cose, questo sì, e si arrabbiava quando le cose non andavano come lui voleva…, ma in fondo questo gli sembrava del tutto logico e normale! Fatto sta, invece, che gli altri quando parlavano fra loro, lanciavano veloci occhiate di lato verso di lui, come a indicarlo, alzavano il mento e piegavano in giù la bocca… e poi sussurravano: “Lui? È proprio antipatico… vuol sempre aver ragione… E’ CATTIVO!”.

Di fatto Giorgetto era spesso solo. Aveva un gatto per amico ma ogni tanto mentre lo accarezzava gli veniva in mente qualche sgarbo o qualche derisione che gli era stata fatta, e la mano gli si irrigidiva a quei pensieri, e finiva che andava a strizzare un po’ troppo la povera bestiola, che saltava lontano miagolando forte. 🙂

Ogni tanto cercava qualcuno per giocare a pallone, ma gli altri ragazzini avevano paura che se poi perdesse o se non passavano spesso la palla a lui durante il gioco, si sarebbe arrabbiato troppo e li avrebbe presi a morsi… così scappavano via tutti e lui restava solo.

Giorgetto viveva con il nonno, che parlava poco, e che passava il tempo o a lavorare l’orto o a guardare un punto fisso seduto vicino alla porta di casa.

Quando però era inverno, ed era molto freddo, il nonno stava dentro casa, a guardare fuori dalla finestra, mentre si scaldava i piedi e le mani con dei contenitori di rame pieni di braci (…le braci sono la carbonella di legno dopo che ha bruciato per un po’, quando è diventata praticamente trasparente e sembra avere il fuoco dentro, che respira e si muove piano, e le fiamme alte non ci sono più).

Ai tempi di questa storia, infatti, non c’erano i termosifoni, e neanche le stufette elettriche. All’epoca, in quasi tutte le case c’erano le cucine economiche, grandi un po’ meno di un comò, fatte di ferro smaltato sul davanti, con delle portelle; e dentro queste cucine di ferro si accendeva il fuoco; sul ripiano sopra si mettevano le pentole per cucinare e l’acqua a scaldare, su aperture più o meno grandi attraverso le quali si potevano intravvedere le lingue del fuoco che sotto si agitava tutto. 🙂

Così il gatto e Giorgetto stavano di solito vicino alla stufa, anche perché le camere erano lontane e fredde, mentre il nonno coi suoi due scaldini di rame stava accanto alla finestra.
Quando poi era ora di andare a dormire, lì presso la stufa Giorgetto si toglieva le scarpe e i vestiti, si metteva il pigiama in fretta e furia e andava di corsa sotto le coperte, perché se prendeva freddo non riusciva più ad addormentarsi.

Era proprio inverno nel tempo di questa storia. Anzi, era quasi l’Epifania. 😉

La Befana, quella cara vecchietta, nella sua casa infilata al centro della Nuvola Vagante, si girava e rigirava sul suo materasso di lana riscaldato da cento trapunte, sette scialli incantati e quattro ragnatele fatate, e mentre stava per addormentarsi, attraverso i suoi occhiali magici vedeva sfilare davanti ai suoi occhi i bambini ai quali avrebbe fra poco portato qualcosa, e l’ultimo viso che vedeva davanti a sé era sempre quello di Giorgetto (…e a volte vedeva anche il musetto del gatto).

Il giorno prima dell’Epifania, Giorgetto era uscito a fare le scivolate sul ghiaccio, e c’erano pure i suoi compagni, anche loro a far scivolate, appena un po’ più in là.
I ragazzini, con le guance rosse per il gran muoversi e per il freddo, gridavano e ridevano, e dicevano cosa speravano che la Befana portasse loro.

Chi voleva un pallone nuovo, chi un calcetto, chi dei mazzi di carte speciali, chi una tombola nuova perché di quella che aveva si erano persi dei pezzi, chi una bambola – anche perché all’epoca non c’erano play station, computer, videogiochi, karaoke, e neanche tanti mostri o altri personaggi. 🙂

Giorgetto fra sé pensava: con un pallone, o con un calcetto, con chi giocherei? Tutti, quando arrivo si spostano più in là… con le carte…al massimo poteva farci dei solitari, ma a lui i solitari non venivano mai, così non gli piacevano…Cosa mai avrebbe potuto portargli di interessante la Befana? Forse, solo un campanellino per il gatto, così quando scappava lo poteva trovare più facilmente…

Intanto la Befana preparava tutto: comandava con la sua voce decisa ai giochi e ai dolci di andare a saltar dentro ai vari sacchettini, ed essi obbedivano prontamente e allegramente; e ancora, controllava che la scopa volante fosse lucida e avesse tutta la coda ben pettinata.
Che cosa avrebbe mai portato a Giorgetto?

All’alba dell’Epifania, Giorgetto fu svegliato da uno strano rumore, che sembrava provenire da appena fuori della sua stanza.
Si alzò e andò in cucina, che ormai era ben poco meno fredda della camera: la legna, infatti, si era consumata tutta già da metà della notte.

Gli occhi gialli e allungati del suo gatto lo guardavano da un angolino dietro la stufa. Il gatto si mosse, e il rumore si ripeté, era un rumore metallico.
Giorgetto si avvicinò, e trovò uno scaldino di rame un po’ ammaccato che non aveva mai notato prima.

Possibile che la Befana gli avesse portato uno scaldino vecchio e usato? Ma forse quel vecchio oggetto era in casa, lì, da chissà quanto tempo.
Il nonno non lo aveva visto, o non se ne ricordava, perché se no l’avrebbe certamente preso per metterselo fra le ginocchia (delle quali si lamentava molto che gli facevano sempre più male)… Anche se, in realtà, sarebbe servito a ben poco, perché di legna il nonno non riusciva più a procurarne molta, e più dei soliti suoi due scaldini non si riusciva a riempire… Con quel contenitore ammaccato ancora in mano, Giorgetto si girò… e vide un grossissimo sacco.

Con due balzi andò lì, lo aprì, e lo vide pieno di cubetti di legno ben secco …

Giorgetto rimase molto meravigliato, perché all’epoca, a differenza di quel che successe poi, non si era mai e poi mai sentito che la Befana potesse portare cose che non fossero o giocattoli o dolci (come ad esempio, legna, o carbone…) Ma presto corse alla stufa, prese i fiammiferi, la carta, i legnetti sottili messi da parte da lui stesso per facilitare l’accensione del fuoco, e accese con cura, finché si alzarono delle fiammelle vivaci; coprì infine il tutto con parecchi di quei cubetti di legno arrivati da lui in quel gran sacco.

Si disse: non sarà un giocattolo, questo regalo, ma almeno resterò un po’ più al caldo. Aspettò con pazienza lì vicino, accarezzando il suo gatto, che stava particolarmente quieto, mentre la luce dell’alba diventava sempre più chiara, e faceva giorno.
Infine aprì un portello della stufa, e, prendendo con la paletta di ferro e molta cura la carbonella che si era formata, ne riempì lo scaldino trovato in modo così imprevisto quella mattina.
Il gatto si sedette in braccio a Giorgetto, al calduccio anche lui.

Con la stufa da una parte, lo scaldino dall’altra e il gatto sulle ginocchia, Giorgetto si rilassò: gli si chiudevano gli occhi. Ma non voleva rimettersi di nuovo a dormire; la testa gli ciondolava un po’, e così fra la veglia e il sonno gli tornarono dei ricordi molto strani: quella volta che l’avevano preso in giro perché era l’unico a non avere imparato la lezione a scuola… quella volta che avevano riso perché era caduto dalla sedia mentre si dondolava… quella volta che desiderava tanto dare un fiore alla ragazzina coi capelli lisci e biondi che stava nell’altra classe, mentre invece al momento di incontrarla aveva messo male il piede e si era storto la caviglia (-gli aveva fatto un dolore da non riuscir più a parlare!…) 🙂

E a ogni ricordo, giù lacrime! Che cascavano dai suoi occhi…E pianse, pianse molto, Giorgetto, vedendo e ripercorrendo pezzetti della sua vita che ormai da anni non ricordava più, che anzi aveva preferito dimenticare.
Era come se prima avesse voluto indurire e ghiacciare tutte quelle lacrime, mentre ora tutto quel calore nuovo aveva sciolto qualcosa nel suo cuore.

Il gatto cominciò a fare le fusa, e Giorgetto lo sentì più morbido che mai.
Fuori ormai era giorno pieno, e Giorgetto uscì, con lo scaldino in mano, mentre il gatto lo seguiva.
C’erano i suoi coetanei che facevano a palle di neve, e Robi – un bambino appena un po’ più piccolo – piangeva perché aveva perso i guanti, ed era stato troppo con le mani nella neve, e ora erano talmente fredde che non le sentiva più.

Giorgetto vide le mani violacee di Robi, e capì subito il problema.
Si sentiva leggero, leggero, come se quelle lacrime che erano uscite fuori avessero portato via con sé un grande peso; sapeva anche che quando le mani erano così fredde come quelle del suo compagno non andava bene contrastare con troppo caldo, così gli disse: “Vorrei farti sentire come scalda il mio scaldino, ma per non farti male, devo scaldarti un po’  le mani con le mie.” Robi aveva troppo fastidio per riuscire a preoccuparsi del caratteraccio di Giorgetto, e si lasciò scaldare, prima piano con le mani, poi con lo scaldino, che ormai, a dire il vero, si era piuttosto intiepidito.

Robi, sollevato, piagnucolò: ”Mi aiuti a cercare i guanti?”. Giorgetto lo guardò, era strano quello cha stava succedendo.
Siccome continuava a sentirsi leggero (chissà cosa era evaporato via con quel calore), cercò i guanti assieme al bambino, finché li ritrovarono proprio davanti alla porta di casa di Robi A questo punto Robi si ricordò che la Befana gli aveva portato un calcetto, e invitò dentro Giorgetto per poter giocare.

A Giorgetto sembrava un sogno; invece era proprio vero.
E da quel giorno, dopo aver vissuto quel caldo buono, gli venne più facile essere gentile… così che anche altri ragazzini pian piano tornarono ad avvicinarsi a lui.
Dopo due o tre mesi, verso la primavera, Giorgetto fu colpito da un pensiero improvviso…, questo qui: “Accidenti! La Befana non mi ha portato nessun giocattolo, eppure è come se me ne avesse portati una montagna, perché ora posso giocare con tutti i giocattoli che ci sono in paese … perché sono gli altri che li condividono con me!” E mentre lanciava in cuor suo un gigantesco “GRAZIE” alla Befana, vide con la coda dell’occhio una cosa molto strana, il suo gatto che, col musetto in su, faceva l’occhiolino.

Subito alzò gli occhi a sua volta, e fece appena in tempo a vedere la Befana, che da sopra il tetto della Nuvola Vagante lo guardava, sorridendo furbetta da dietro i suoi speciali occhiali magici. 🙂

E da questo episodio, che qualcuno ha interpretato male e raccontato poi ancor peggio, che si è sparsa la dicerìa – che forse anche voi avete sentito – che la Befana porti il carbone ai bambini cattivi per punirli… In realtà la Befana ha portato il carbone – anzi, per la precisione, il legno che piano, piano diventa carbonella- a qualcuno che ne aveva bisogno per scaldarsi il cuore.

E se qualche volta sentite qualcuno che minaccia i bambini con tono arrabbiato e scontento, dicendo anche che son cattivi e saranno puniti col carbone, dentro il vostro cuore, voi che sapete, sorridete! e pensate che in un modo o in un altro la Befana riuscirà ancora a scaldare (…o addolcire, magari travestendo i dolci da carbone, per non contrariare nessuno…) sia il cuore dei bambini, che il cuore di quell’adulto così indurito e triste, anche se forse non basterà un solo regalo: ce ne vorrà più d’uno, e un bel po’ di pazienza.

E ditele fin da ora: “Grazie, buona Befana!”.

Epifania 2011 – Lucia Ferro

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