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BABÀNJA (favola della befana)

In un paese lontano, in mezzo a una vallata c’era una bella casetta, nel verde e isolata.
Lì ci abitavano due gran belle persone: una dal corpo sfiorito, l’altra un bocciolo in fiore.

La piccola Anja la sua nonna aiutava e gli alberi e i campi innaffiava e curava.

Un triste giorno la vecchia Babcia sparì, e lasciò ad Anja una lettera, con scritto così: “Ricorda: l’albero del campo più alto di tutti innaffialo alla sera, darà sempre buoni frutti; l’albero invece che sta in mezzo al giardino, darà frutti cattivi, bagnalo sempre ogni mattino.

Sono importanti entrambi, capirai un giorno il perché, presto li sentirai parlare, ma non avrai bisogno di me: sei quasi pronta, lo sento, saprai che cosa fare; ti sto lasciando sola per poter imparare, ma quando tutto sarà compiuto tornerò da te, sei la mia piccola stella, la più splendente che c’è”.

-Nonna ma ti avevo chiesto una storia sulla befana!
-Certo Annina, fammi continuare e vedrai.
-Mi avevi anche detto che era una storia vera.
-È così mia cara. Dov’ero rimasta?

-Alla fine della lettera che ha lasciato la Babcia
-Ah sì ecco; dunque: I giorni passavano e la piccola Anja sempre innaffiava, mentre l’autunno stava per finire e l’inverno arrivava.

I primi giorni di dicembre ecco che qualcosa cambiò: vicino a ognuno dei due alberi un grosso cesto spuntò.
“Serviranno per raccogliere i frutti”,  Anja pensava, ma cercando sugli alberi, ancora non ne trovava.

Il dieci di dicembre Anja in giardino si spaventò: dai due alberi da frutta qualcuno parlò.

Si udivan tante voci, in lingue differenti parlavan tutte insieme, che baccano, accidenti! Erano i bambini di tutto il mondo intero, che facevano nel sonno un discorso sincero, confessando di quell’anno le belle e brutte azioni e dichiarando per il nuovo anno le loro intenzioni.

Anja li ascoltava sempre dopo che aveva innaffiato e un dì si accorse che sui rami qualcosa era spuntato…

Erano forse quelli i frutti? Sembrava una follia, ma ecco che dal cielo tornò la Babcia, come per magia.

Mise nelle ceste i frutti, e la piccola Anja l’aiutava mentre spiegazioni a raffica le domandava; tra un frutto di carbone e frutti di gelée alle more, la Babcia le disse soltanto queste parole: “Piccola Anja prenderai il mio posto, ormai hai imparato; porterai ai bambini il frutto di ciò che han seminato.

L’Epifania ricordati è la manifestazione semplicemente dell’azione e dell’intenzione”
-Fine della storia Annina.
-Ma allora nonna quella era la Befana! –

Così sembra -E quindi siamo noi, nel sonno, che le raccontiamo quello che abbiamo fatto e quello che abbiamo intenzione di fare! -proprio così -e lei fa crescere i nostri frutti -siamo noi che li facciano crescere, lei ce li porta, manifestando a noi le nostre intenzioni.

Questo è il messaggio importante della storia: LA CALZA È TUA, NON L’HA MESSA LEI E CI TROVI DENTRO QUELLO CHE SEI!

-Non è di certo una storia vera però, mi hai imbrogliata Nonna Anja si alzò e prese una vecchia fotografia dalla mensola; sopra c’erano due figure femminili abbracciate.

Quanto le mancava la sua Babcia! Ora anche lei era nonna, era Babànja, e presto a sua nipote avrebbe dovuto insegnare un mestiere.
Per oggi le aveva dato la prima lezione. La più importante.

-Elisabetta de Michele-

Il Bambino e il Delfino

Ti presento questa deliziosa favola di Sabrina Di Secli;  in fondo alla pagina trovi anche la versione narrata da Lei stessa in modo magistrale, supportata da un video con dei disegni di ottima fatura!
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Il Bambino e il Delfino

Nelle bellissime acque del mar Adriatico c’era un delfino di nome Martino.

Faceva capriole buffe e sorrideva a tutti gli esseri del mare.
Inoltre era molto curioso delle cose della terra ed era soprattutto attirato dai bambini che giocavano a riva.

‘Chissà come sono i giochi che fanno i bambini, come sono le loro vite e i loro passatempi’
– pensava spesso tra se e se – ma un bel giorno, in una calda mattinata di giugno, i suoi pensieri fecero così tanto rumore che attirarono l’attenzione delle nuvole in cielo.

La nuvoletta Manila che era sempre in prima fila decise allora di aiutarlo: ”Buongiorno simpatica creatura del mare, abbiamo sentito il tuo fantasticare.

La tua curiosità sul mondo è tanto viva, se vuoi potrai parlare con un bambino a riva che ti potrà finalmente raccontare la vita che si vive oltre il mare”

Martino, colto di sorpresa ed emozionato, ringraziò le nuvole: “Grazie nuvole parlanti per il vostro aiuto.
Avete avuto un grande fiuto! Ma come faccio io a parlare e con i bambini comunicare in una lingua estranea al mare?

E allora la nuvola Manila rispose: “Mio caro delfino, ora fai un riposino.
Le meduse del mare ti verranno a svegliare e te lo potranno svelare.
Tutto accadrà magicamente grazie anche al granchio Clemente”

Il delfino non ci aveva capito poi tanto (meduse, granchio Clemente, boh?), decise comunque di fidarsi della saggezza delle nuvole in cielo e si mise subito a riposare in attesa del felice evento.
Non vedeva l’ora di parlare con un bambino vero!

Il suo sonno fu abbastanza a lungo, ma poi, come predetto, le meduse del mare corsero a svegliarlo con una canzoncina: “Sveglia, sveglia delfino sorridente! Sai fare le capriole per attirar la gente.
Forza, forza, potrai comunicare, finora tu conosci la lingua del tuo mare.
Le lingue della terra son cinquemila e più, ma non ti preoccupare che tutto saprai tu.
Appena incontrerai il bambino giusto con lui potrai parlar con tanto amore e gusto”.

Martino ringraziò con gioia e con occhi felici le meduse e si avvicinò verso la riva per avvistare il
bambino che avrebbe parlato con lui.
E tra una nuotata e una capriola sentiva il cuore traboccar di gioia.

Finalmente avrebbe imparato tante cose! Sulla riva vide subito un ragazzino con paletta e secchiello e decise di intonargli un bel ritornello: “La terra e il mare due mondi differenti ma noi possiamo parlar, scambiare sentimenti ed io in questo momento provo un’emozione per questo parlo a te cantando una canzone.

Voglio saper, voglio saper le cose del tuo mondo racconta per piacer
Voglio saper, voglio saper le cose che voi fate e ciò che piace a te”

Il bambino a riva si chiamava Tommaso e non riusciva a credere ai suoi occhi e alle sue orecchie.
Subito si rivolse a Martino: “Ciao delfino parlante, sei anche un bravo cantante.
Io mi chiamo Tommaso  e guarda un po’ il caso! Lo sai che oggi mi annoio e tutto ciò che più voglio e raccontar tante cose in queste giornate afose”.

Così il delfino Martino chiese a Tommaso di raccontar la vita del suo mondo.
Poi all’improvviso arrivò un granchio con la bacchetta magica; si chiamava Clemente, il granchio sapiente, e, come avevano detto le nuvolette, desiderava aiutare ulteriormente il nostro delfino
protagonista di questa storia.

“Ciao a voi tutti! Son felice di salutarvi e poter anche aiutarvi! Con tre colpi di bacchetta, due a
sinistra e uno a destra una magia potrò fare e tu delfino potrai viaggiare!!
Il bambino darà spiegazioni e tu delfino vivrai le situazioni! Vivrai proprio nei suoi racconti e
allargherai i tuoi orizzonti.

Ti sentirai di starci realmente e non soltanto con la tua mente.
Goditi la magia di un esperienza vera  che  ai tuoi amici racconterai stasera”.
Così, miei cari bambini, si stava verificando proprio quanto avevan detto le nuvolette del cielo: il
delfino aveva conosciuto il  bambino Tommaso e, grazie alle meduse e al granchio, poteva parlare, addirittura vivere le sue avventure ed essere magicamente trasportato nelle varie scene.

Il bimbo Tommaso iniziò così a raccontare il suo mondo e il Delfino a viaggiare nei suoi racconti.
“Ciò che mi regala tante emozioni son le diverse quattro stagioni.
Sono tutte molto belle ed io non sto mai nella pelle!
Estate, autunno, inverno, primavera.

Ogni stagione ha la sua atmosfera.
Quando ad esempio l’inverno arriva, la mia gioia é tanto viva.
Posso andare un po’ a sciare e le montagne esplorare.
Che sensazione di libertà! Con disciplina e in velocità.

Le montagne tutte bianche e le persone mai davvero stanche.
Poi mi piace passeggiare, sciarpa al collo per non congelare.
Il freddo ha la sua bellezza, il fresco vento e la dolce brezza.
Ma il momento davvero speciale  è quando arriva il Natale.
Decoriamo alberi giganti con palline colorate e stelle filanti.
Ci mettiamo sotto tanti regali che non sono mai per tutti uguali.

Quando arriva la primavera c’e una gioia viva e sincera.
Tutta la terra rifiorisce e il cuore di tutti intenerisce.
Si può giocare felici sui prati con canti, capriole e versi stonati.

C’è una festa che è quella Pasquale: è proprio bella come il Natale.
Coloriamo insieme  tante uova ogni decorazione é sempre nuova.
Poi arriva l’ allegra estate ed io vengo al mare tra schizzi e risate.

Si gioca in spiaggia e si sente il calore aria leggera a tutte le ore.
Si fanno i giochi sotto gli ombrelloni, castelli di sabbia da veri campioni.

L’autunno sembra la stagione più triste invece è ricca di emozioni miste.
Le foglie cadono liete e tranquille i camini accesi con fiamme e scintille.
La scuola riapre e impariamo a scrivere testi e storie per poter ben vivere e coi numeri, sai, operazioni si possono fare: aggiungere, dividere, sottrarre e moltiplicare.

Poi in autunno ci sono feste divertenti, ad Halloween, ad esempio,  streghe con due denti.
É la festa del dolcetto o scherzetto? Ogni travestimento è sempre perfetto, dappertutto zucche gialle e arancioni, che fanno paura ai più fifoni.

Io avevo un vestito da pirata e ho partecipato alla gran sfilata.
Tommaso fece une breve pausa poi continuò cambiando tono di voce: “Ogni stagione è in realtà bella, il mondo tutto é un dono ma,  tutti i santi giorni io chiedo il perdono.

La natura spesso non viene rispettata e la sua ribellione arriva inaspettata, poi siam anche forti e possiamo ben capire  e se la rispettiamo si mette a rifiorire …”

Il delfino non poteva credere alla bellezza di tutto ciò che stava imparando; in poche ore aveva vissuto un’esperienza molto particolare: comunicare con un bambino umano, immaginarsi le feste e le sensazioni e aveva anche imparato che il mondo là fuori non era purtroppo così perfetto come lo immaginava.

Tommaso,  intanto era felice e promise  che un giorno avrebbe raccontato le avventure del mare e, magari con l’aiuto del granchio Magico, anche Tommaso avrebbe viaggiato nei suoi racconti.

Fece una grandissima acrobazia e salutò il bambino tornando tra i fondali del suo mare.
Quando arrivò, gli amici polipetti erano lì che lo aspettavano per ascoltare il suo magico racconto.
Furono estasiati nell’imparare tante nuove cose e lo ringraziarono silenziosamente.

Poi il delfino andò a dormire e quella sera fece un gran bel sogno.

COMETA, la slitta e la scuola di volo – Terza e ultima parte –

 

Fulmine e Donnola erano i più bravi, Cometa invece era tra quelli che si addormentavano per primi; sì, perché il terzo anno di scuola alla “Santa’s Flight”, oltre alle materie di studio e di pratica di volo, prevedeva anche un allenamento particolare: riuscire a stare svegli tutta la notte.

Certo, altrimenti come avrebbero potuto resistere in volo, senza mai fermarsi, la notte di Natale?

Le nostre amiche renne, che ormai erano grandicelle ed erano nell’aula più grande e più in alto di tutte le altre, essendo all’ultimo piano della scuola, credevano fosse più facile riuscire a non addormentarsi.

Ne avevano provate di tutti i colori: -farsi il solletico l’un l’altra -raccontarsi le storie di paura -lanciarsi i gavettoni di acqua fredda -ascoltare musica a volume altissimo -bere la red deer, bevanda alla caffeina che tiene svegli, cugina della red bull ma apposta per renne -rotolarsi sulla neve ghiacciata -strapparsi i peli sulla schiena -mangiare 54 fettine di limone aspro a testa… …ma niente da fare: qualsiasi tentativo falliva e Cometa, Ballerina, Fulmine, Donnola, Freccia, Saltarello, Donato e Cupido dormivano alla grande. E volete sapere perché?

Perché il giorno in cui con il buio iniziavano gli allenamenti della Veglia, così si chiamava, non c’era scuola, in modo che le renne-studenti potessero riposarsi, ma le nostre amiche non avevano nessuna voglia di fare riposini e stare tranquille per non stancarsi; anzi, proprio perché non c’era scuola, ne approfittavano per giocare e saltare a più non posso, quindi poi crollavano dal sonno.

Icaro, l’istruttore di volo, le tranquillizzava sempre, dicendogli che sicuramente la notte magica in cui avrebbero portato in giro il Natale per il mondo, sarebbero state sveglie, ma che dico, di più: sveglissime, per l’eccitazione e la felicità.

Avrebbero anzi addirittura avuto bisogno di calmarsi prima di partire; quindi, tra i preparativi per il viaggio, insieme agli addobbi per la slitta da attaccare, ai pacchetti dei doni da caricare e ai campanelli da lucidare, avrebbero anche bevuto litri e litri di tisana rilassante.

Il terzo anno ormai, tutte le renne studenti di “Santa’s flight” erano piloti di slitta abilissimi; la cosa ancora da imparare rimaneva la strada.

Sì, perché erano abituate a percorrere sempre le stesse vie celesti, e le strade nuove, come ben si sa, spaventano un pochino.

Tu che leggi scommetto che quando vai a scuola o a lavorare fai sempre lo stesso tragitto, cammini sempre sullo stesso marciapiede, vero?

Ecco, per non spaventarsi delle cose nuove, bisogna ogni tanto provare a cambiare marciapiede; all’inizio sembra strano ma poi è perfino divertente.

Icaro lo sapeva che è bene cambiare spesso marciapiede, perciò per tutti quei mesi che rimanevano prima della grande prova finale, dopo la quale finalmente Cometa e i suoi amici sarebbero diventate ufficialmente le renne della slitta di Babbo Natale, faceva cambiare spesso strada ai suoi studenti durante le ore di volo: una volta dovevano passare a sinistra di quella nuvola a forma di conchiglia, la volta dopo invece dovevano passare alla sua destra, una volta dovevano sorvolare il tetto della chiesa, la volta dopo invece il tetto della casa che c’era di fronte a quella chiesa, eccetera…

Quando ormai le nostre renne erano pronte ad affrontare senza problemi tutte le strade, vecchie e nuove, Icaro e il preside della scuola, Volantibus, annunciarono a Cometa e ai suoi compagni che il giorno seguente ci sarebbe stato l’esame finale; chi lo passava avrebbe avuto finalmente la P.C.S.N.V.: la Patente da Conduttore di Slitta Natalizia Volante.

Che emozione! Non potete immaginare però qual era la prova che dovevano affrontare le nostre renne: dovevano fare un giro con su proprio lui, il Signore del Natale!!!

Il pomeriggio prima del grande giorno ci fu la prova generale: Volantibus, vestito da Babbo Natale, con tanto di barba finta e abito rosso, sarebbe salito sulla slitta imitando in tutto e per tutto Santa Claus.

Voi direte: e cosa c’è di tanto difficile nel portare Babbo Natale sulla slitta, a parte l’emozione per la grande felicità?! Non è facile per niente, vi rispondo io; e se un giorno voi riusciste ad incontrare Cometa o una delle sue compagne renne, domandateglielo; sono sicura che vi risponderà anche lei come me: è difficilissimo.

Cerco di spiegarvi perché: Babbo Natale è rosso, come l’amore che porta in giro; il Natale è amore, amore che viaggia, come un dono, per le strade del mondo.

Babbo Natale è di un rosso forte e potente, come l’amore che ha dentro di sé, ma ce l’abbiamo tutti quell’amore dentro.

Babbo Natale è di un rosso dirompente, come la sua risata forte, che fa tremare tutta la slitta. Riusciranno le piccole renne a sopportare tutta quella forza? Tutto quell’amore?

La prova generale andò abbastanza bene, a parte forse i primi minuti, ma questo perché Volantibus, pur mettendoci tutto il suo amore, tutta la sua risata, che cercò di fare più forte che mai, non riusciva certo a imitare Babbo Natale, come del resto nessuno, credo, riuscirebbe a farlo.

Arrivò il giorno fatidico dell’esame.

Tutto era pronto in Via del Volo, e la slitta era bellissima così addobbata, scintillante e ricca di doni (finti però, perché quelli veri sarebbero apparsi solo il 24 notte); non appena le nostre renne furono pronte sulla pista di decollo, ecco che qualcosa fece scuotere e tremare tutta la slitta.

Non era qualcosa, era qualcuno: Babbo Natale! Ed era apparso senza che nessuno lo avesse visto, e ora con la sua risata fortissima stava facendo traballare ogni cosa: le renne, le nuvole e perfino le stelle del cielo.

La forza che usciva da quell’uomo magico era davvero troppo forte e Cometa e i suoi amici facevano fatica a rimanere concentrati e a guidare la slitta, che stava per precipitare.

Ecco che, ancora una volta, la voce di Icaro accorse, dalla radiomobile, in loro aiuto, dicendogli: “State calme ora, amiche mie. È solo amore, niente di più. È solo una strada nuova, la strada del vostro amore.

Non siete abituate a sentirlo e a portarlo in giro per tutto il mondo.

Che il vostro cuore ora sia silenzioso e attento. Usate quella forza che sentite e spargetela come dono per il mondo”.

Le nostre renne capirono il messaggio e si sentirono più tranquille.
E più si sentivano tranquille più il loro cuore diventava silenzioso e attento.
E più il loro cuore diventava silenzioso e attento più potevano sentire la forza del loro amore.
E più sentivano la forza del loro amore, più la slitta smetteva di tremare.
E più la slitta smetteva di tremare e più riuscivano a guidarla sui cieli del mondo e spargere il rosso dell’amore.

Quella notte ci fu una grande festa al “Santa’s Flight”, la festa dei diplomi.

Tutte le renne avevano superato l’esame e furono chiamate una ad una: Cometa, Ballerina, Fulmine, Donnola, Freccia, Saltarello, Donato e Cupido; a loro furono date tre cose: la patente, il diploma e una stretta di zampa da Icaro, Volantibus e tutti gli altri insegnanti.

La storia di Cometa e dei suoi amici ci ha insegnato tante cose, ma ora finisce qui; non possiamo raccontare di più, perché nessuno può parlare del volo magico della notte di Natale, proprio perché è magico.

Spero che abbiate capito ora perché il Natale è rosso, quali sono i veri doni del Natale e perché un cuore colmo d’amore sa ridere forte. E spero tanto che ognuno di noi riesca a sopportare e tirare fuori la forza del proprio amore e portarla in giro per il mondo.

Perché questa è la vera magia.

Vi auguro un Santo Natale pieno di gioia e meraviglia e un cammino sempre su marciapiedi nuovi. –

Elisabetta de Michele- THE END