( La vera storia del carbone della befana)
C’era una volta un ragazzino che si chiamava Giorgetto.
A lui non sembrava di essere cattivo, anzi.
Ci teneva alle sue cose, questo sì, e si arrabbiava quando le cose non andavano come lui voleva…, ma in fondo questo gli sembrava del tutto logico e normale! Fatto sta, invece, che gli altri quando parlavano fra loro, lanciavano veloci occhiate di lato verso di lui, come a indicarlo, alzavano il mento e piegavano in giù la bocca… e poi sussurravano: “Lui? È proprio antipatico… vuol sempre aver ragione… E’ CATTIVO!”.
Di fatto Giorgetto era spesso solo. Aveva un gatto per amico ma ogni tanto mentre lo accarezzava gli veniva in mente qualche sgarbo o qualche derisione che gli era stata fatta, e la mano gli si irrigidiva a quei pensieri, e finiva che andava a strizzare un po’ troppo la povera bestiola, che saltava lontano miagolando forte. 🙂
Ogni tanto cercava qualcuno per giocare a pallone, ma gli altri ragazzini avevano paura che se poi perdesse o se non passavano spesso la palla a lui durante il gioco, si sarebbe arrabbiato troppo e li avrebbe presi a morsi… così scappavano via tutti e lui restava solo.
Giorgetto viveva con il nonno, che parlava poco, e che passava il tempo o a lavorare l’orto o a guardare un punto fisso seduto vicino alla porta di casa.
Quando però era inverno, ed era molto freddo, il nonno stava dentro casa, a guardare fuori dalla finestra, mentre si scaldava i piedi e le mani con dei contenitori di rame pieni di braci (…le braci sono la carbonella di legno dopo che ha bruciato per un po’, quando è diventata praticamente trasparente e sembra avere il fuoco dentro, che respira e si muove piano, e le fiamme alte non ci sono più).
Ai tempi di questa storia, infatti, non c’erano i termosifoni, e neanche le stufette elettriche. All’epoca, in quasi tutte le case c’erano le cucine economiche, grandi un po’ meno di un comò, fatte di ferro smaltato sul davanti, con delle portelle; e dentro queste cucine di ferro si accendeva il fuoco; sul ripiano sopra si mettevano le pentole per cucinare e l’acqua a scaldare, su aperture più o meno grandi attraverso le quali si potevano intravvedere le lingue del fuoco che sotto si agitava tutto. 🙂
Così il gatto e Giorgetto stavano di solito vicino alla stufa, anche perché le camere erano lontane e fredde, mentre il nonno coi suoi due scaldini di rame stava accanto alla finestra.
Quando poi era ora di andare a dormire, lì presso la stufa Giorgetto si toglieva le scarpe e i vestiti, si metteva il pigiama in fretta e furia e andava di corsa sotto le coperte, perché se prendeva freddo non riusciva più ad addormentarsi.
Era proprio inverno nel tempo di questa storia. Anzi, era quasi l’Epifania. 😉
La Befana, quella cara vecchietta, nella sua casa infilata al centro della Nuvola Vagante, si girava e rigirava sul suo materasso di lana riscaldato da cento trapunte, sette scialli incantati e quattro ragnatele fatate, e mentre stava per addormentarsi, attraverso i suoi occhiali magici vedeva sfilare davanti ai suoi occhi i bambini ai quali avrebbe fra poco portato qualcosa, e l’ultimo viso che vedeva davanti a sé era sempre quello di Giorgetto (…e a volte vedeva anche il musetto del gatto).
Il giorno prima dell’Epifania, Giorgetto era uscito a fare le scivolate sul ghiaccio, e c’erano pure i suoi compagni, anche loro a far scivolate, appena un po’ più in là.
I ragazzini, con le guance rosse per il gran muoversi e per il freddo, gridavano e ridevano, e dicevano cosa speravano che la Befana portasse loro.
Chi voleva un pallone nuovo, chi un calcetto, chi dei mazzi di carte speciali, chi una tombola nuova perché di quella che aveva si erano persi dei pezzi, chi una bambola – anche perché all’epoca non c’erano play station, computer, videogiochi, karaoke, e neanche tanti mostri o altri personaggi. 🙂
Giorgetto fra sé pensava: con un pallone, o con un calcetto, con chi giocherei? Tutti, quando arrivo si spostano più in là… con le carte…al massimo poteva farci dei solitari, ma a lui i solitari non venivano mai, così non gli piacevano…Cosa mai avrebbe potuto portargli di interessante la Befana? Forse, solo un campanellino per il gatto, così quando scappava lo poteva trovare più facilmente…
Intanto la Befana preparava tutto: comandava con la sua voce decisa ai giochi e ai dolci di andare a saltar dentro ai vari sacchettini, ed essi obbedivano prontamente e allegramente; e ancora, controllava che la scopa volante fosse lucida e avesse tutta la coda ben pettinata.
Che cosa avrebbe mai portato a Giorgetto?
All’alba dell’Epifania, Giorgetto fu svegliato da uno strano rumore, che sembrava provenire da appena fuori della sua stanza.
Si alzò e andò in cucina, che ormai era ben poco meno fredda della camera: la legna, infatti, si era consumata tutta già da metà della notte.
Gli occhi gialli e allungati del suo gatto lo guardavano da un angolino dietro la stufa. Il gatto si mosse, e il rumore si ripeté, era un rumore metallico.
Giorgetto si avvicinò, e trovò uno scaldino di rame un po’ ammaccato che non aveva mai notato prima.
Possibile che la Befana gli avesse portato uno scaldino vecchio e usato? Ma forse quel vecchio oggetto era in casa, lì, da chissà quanto tempo.
Il nonno non lo aveva visto, o non se ne ricordava, perché se no l’avrebbe certamente preso per metterselo fra le ginocchia (delle quali si lamentava molto che gli facevano sempre più male)… Anche se, in realtà, sarebbe servito a ben poco, perché di legna il nonno non riusciva più a procurarne molta, e più dei soliti suoi due scaldini non si riusciva a riempire… Con quel contenitore ammaccato ancora in mano, Giorgetto si girò… e vide un grossissimo sacco.
Con due balzi andò lì, lo aprì, e lo vide pieno di cubetti di legno ben secco …
Giorgetto rimase molto meravigliato, perché all’epoca, a differenza di quel che successe poi, non si era mai e poi mai sentito che la Befana potesse portare cose che non fossero o giocattoli o dolci (come ad esempio, legna, o carbone…) Ma presto corse alla stufa, prese i fiammiferi, la carta, i legnetti sottili messi da parte da lui stesso per facilitare l’accensione del fuoco, e accese con cura, finché si alzarono delle fiammelle vivaci; coprì infine il tutto con parecchi di quei cubetti di legno arrivati da lui in quel gran sacco.
Si disse: non sarà un giocattolo, questo regalo, ma almeno resterò un po’ più al caldo. Aspettò con pazienza lì vicino, accarezzando il suo gatto, che stava particolarmente quieto, mentre la luce dell’alba diventava sempre più chiara, e faceva giorno.
Infine aprì un portello della stufa, e, prendendo con la paletta di ferro e molta cura la carbonella che si era formata, ne riempì lo scaldino trovato in modo così imprevisto quella mattina.
Il gatto si sedette in braccio a Giorgetto, al calduccio anche lui.
Con la stufa da una parte, lo scaldino dall’altra e il gatto sulle ginocchia, Giorgetto si rilassò: gli si chiudevano gli occhi. Ma non voleva rimettersi di nuovo a dormire; la testa gli ciondolava un po’, e così fra la veglia e il sonno gli tornarono dei ricordi molto strani: quella volta che l’avevano preso in giro perché era l’unico a non avere imparato la lezione a scuola… quella volta che avevano riso perché era caduto dalla sedia mentre si dondolava… quella volta che desiderava tanto dare un fiore alla ragazzina coi capelli lisci e biondi che stava nell’altra classe, mentre invece al momento di incontrarla aveva messo male il piede e si era storto la caviglia (-gli aveva fatto un dolore da non riuscir più a parlare!…) 🙂
E a ogni ricordo, giù lacrime! Che cascavano dai suoi occhi…E pianse, pianse molto, Giorgetto, vedendo e ripercorrendo pezzetti della sua vita che ormai da anni non ricordava più, che anzi aveva preferito dimenticare.
Era come se prima avesse voluto indurire e ghiacciare tutte quelle lacrime, mentre ora tutto quel calore nuovo aveva sciolto qualcosa nel suo cuore.
Il gatto cominciò a fare le fusa, e Giorgetto lo sentì più morbido che mai.
Fuori ormai era giorno pieno, e Giorgetto uscì, con lo scaldino in mano, mentre il gatto lo seguiva.
C’erano i suoi coetanei che facevano a palle di neve, e Robi – un bambino appena un po’ più piccolo – piangeva perché aveva perso i guanti, ed era stato troppo con le mani nella neve, e ora erano talmente fredde che non le sentiva più.
Giorgetto vide le mani violacee di Robi, e capì subito il problema.
Si sentiva leggero, leggero, come se quelle lacrime che erano uscite fuori avessero portato via con sé un grande peso; sapeva anche che quando le mani erano così fredde come quelle del suo compagno non andava bene contrastare con troppo caldo, così gli disse: “Vorrei farti sentire come scalda il mio scaldino, ma per non farti male, devo scaldarti un po’ le mani con le mie.” Robi aveva troppo fastidio per riuscire a preoccuparsi del caratteraccio di Giorgetto, e si lasciò scaldare, prima piano con le mani, poi con lo scaldino, che ormai, a dire il vero, si era piuttosto intiepidito.
Robi, sollevato, piagnucolò: ”Mi aiuti a cercare i guanti?”. Giorgetto lo guardò, era strano quello cha stava succedendo.
Siccome continuava a sentirsi leggero (chissà cosa era evaporato via con quel calore), cercò i guanti assieme al bambino, finché li ritrovarono proprio davanti alla porta di casa di Robi A questo punto Robi si ricordò che la Befana gli aveva portato un calcetto, e invitò dentro Giorgetto per poter giocare.
A Giorgetto sembrava un sogno; invece era proprio vero.
E da quel giorno, dopo aver vissuto quel caldo buono, gli venne più facile essere gentile… così che anche altri ragazzini pian piano tornarono ad avvicinarsi a lui.
Dopo due o tre mesi, verso la primavera, Giorgetto fu colpito da un pensiero improvviso…, questo qui: “Accidenti! La Befana non mi ha portato nessun giocattolo, eppure è come se me ne avesse portati una montagna, perché ora posso giocare con tutti i giocattoli che ci sono in paese … perché sono gli altri che li condividono con me!” E mentre lanciava in cuor suo un gigantesco “GRAZIE” alla Befana, vide con la coda dell’occhio una cosa molto strana, il suo gatto che, col musetto in su, faceva l’occhiolino.
Subito alzò gli occhi a sua volta, e fece appena in tempo a vedere la Befana, che da sopra il tetto della Nuvola Vagante lo guardava, sorridendo furbetta da dietro i suoi speciali occhiali magici. 🙂
E da questo episodio, che qualcuno ha interpretato male e raccontato poi ancor peggio, che si è sparsa la dicerìa – che forse anche voi avete sentito – che la Befana porti il carbone ai bambini cattivi per punirli… In realtà la Befana ha portato il carbone – anzi, per la precisione, il legno che piano, piano diventa carbonella- a qualcuno che ne aveva bisogno per scaldarsi il cuore.
E se qualche volta sentite qualcuno che minaccia i bambini con tono arrabbiato e scontento, dicendo anche che son cattivi e saranno puniti col carbone, dentro il vostro cuore, voi che sapete, sorridete! e pensate che in un modo o in un altro la Befana riuscirà ancora a scaldare (…o addolcire, magari travestendo i dolci da carbone, per non contrariare nessuno…) sia il cuore dei bambini, che il cuore di quell’adulto così indurito e triste, anche se forse non basterà un solo regalo: ce ne vorrà più d’uno, e un bel po’ di pazienza.
E ditele fin da ora: “Grazie, buona Befana!”.
Epifania 2011 – Lucia Ferro
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