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27 Gennaio giorno della memoria (due filastrocche e una poesia)

Per il giorno della memoria ho pensato a due filastrocche e una poesia!

La prima filastrocca scritta da Patrizia Serangeli, Autrice e grande sostenitice di questo blog con le sue favole e filastrocche. Scomparsa l’anno scorso!

Un mondo migliore!

Il mondo sarebbe migliore,
se non ci fosse diversità di colore,
se non ci fosse razzia,
ognuno per la sua via.

Se un pensiero fraterno ci unisce,
in un forte abbraccio finisce.

Da un lieve sorriso bisogna iniziare,
per poter una mano donare,
una preghiera che illumini il mondo,
per aprire le menti in un secondo.

Allora invece di un giorno, o un secondo,
la nostra memoria girerà in tondo,
volerà con le ali degli Angeli,
lascerà impronte indelebili.

Patrizia Serangeli

 

La seconda filastrocca apparsa in questo blog come commento!

FILASTROCCA PER LA PACE
Parlami, amico
ascolta ciò che ti dico
se non mi parli il cielo resta tagliato in due
e le parole amare, mie e tue
poi diventano un mare
che non sappiamo più attraversare.

Ma se prima che tutto si rovini
ci sediamo vicini
e ne parliemo insieme
allora le parole sono un seme
che poi diventa un albero
che poi diventa un bosco
dove mi riconosci e io ti riconosco
e senti ciò che dico
ci pensi, e se ti piace
tu ritorni mio amico:
questa qui è la pace.

Daniela

e per finire una della poesie più rappresentative dello Shoah recitata da Sara Semila!

con le musiche di sottofondo composte dal Maestro Gaetano Montalto.

Particolarmente toccante questa poesia di Joyce Lussu: Un paio di scarpette rosse, grazie a Sara Semilia e a Gaetano Montalto.

 

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.

C’è un paio di scarpette rosse in cima a un mucchio
di scarpette infantili a Buckenwald,
erano di un bambino di tre anni e mezzo,
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni ma
il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini,
anche i suoi piedini li possiamo immaginare,
scarpa numero ventiquattro per l’ eternità
perché, i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.

Joyce Lussu

Pie Jesu

Pie Jesu

25 agosto 2019 – Registrazione Live dalla esecuzione del Requiem di Faurè nella chiesa di Altavilla Milicia.
Direttore M° Giovanni Ferraro. Soprano Francesca Adamo Sollima.
Orchestra Giovanile Mediterranea.

Pubblico questo magnifico brano di Faurè,  come omaggio al talento di Francesca Adamo Sollima e in ricordo di un grande ed emozionante concerto.

LA SERENITA’ DELLA MORTE E DELLA MUSICA

Nel 1902, a circa quindici anni dalla prima versione del suo capolavoro, Fauré confidò ad un intervistatore: “E’ stato detto che il mio Requiem non esprimeva il terrore della morte, qualcuno l’ha definito una ninna nanna della morte. Ma è così che io sento la morte: come una liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà, piuttosto che come un passaggio doloroso [.].

Questo nuovo modo di interpretare e musicare il Requiem fu ripreso pochi decenni dopo da un altro compositore e organista francese: Maurice Duruflé (1902-1986), che nel 1947 scrisse la sua composizione più famosa in occasione della morte del padre, riprendendo lo stile, i testi usati e persino la scelta dei solisti (un baritono e un soprano), propri della precedente opera di Fauré.

PIE JESU

E’ intonato esclusivamente da un soprano solista, accompagnato inizialmente dal solo organo e poi anche dagli archi, le arpe, e i legni (i flauti e i clarinetti sono usati soltanto in questo movimento).

Il testo è molto breve e vengono perciò ripetute delle parole nella prima esposizione e poi tutto intero da capo in modo più conciso.

La melodia è molto raffinata e ha un che di esotico, dovuto alle quartine di crome che sono come costruite su una scala pentatonica.

L’orchestra, che dapprima ripete semplicemente la conclusione della prima e della seconda frase melodica (la prima si conclude sulla tonica Si b, la seconda, che è una variazione della prima, modulando alla dominante), interviene poi a sorreggere il canto e quasi a formare un dolce e sussurrato controcanto, che insiste su quella figura di crome di cui si è detto sopra; è il momento della “sospensione”: viene ripetuta una stessa figura, ritmica e melodica, la melodia si muove attorno a delle note “polari”, quasi centri di gravità, e così pure la parte strumentale; anche l’armonia, sebbene giochi su collegamenti di dominanti (quindi accordi di tensione, che creano movimento), insiste e si stabilizza su un unico concatenamento; tutto questo è fortemente giustificato dal testo della frase “dona eis Domine sempiternam requiem”, la sospensione vuole evidentemente sottolineare il “per sempre”, l’eternità.

Lo stesso vale anche per la conclusione di questo brano: l’intero testo viene ripetuto e anche questa volta manca una conclusione decisa, la sospensione prosegue come una coda anche dopo la cadenza perfetta finale, e svanisce delicatamente nel pianissimo.

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