Perché l’esperienza musicale?

Perché l’esperienza musicale?
Spesso mi sono chiesto quale fosse la qualità migliore e più
importante per un musicista.

Percorrendo la mia vita professionale, la risposta è stata
univoca: L’esperienza musicale.
Certo sarebbe stato bello se questa particolare qualità l’avessi
potuto imparare a scuola ma, aimeh, l’esperienza musicale si
fa sulla propria pelle e dopo anni di duro lavoro.

Perché sono arrivato a questa conclusione?

Cosa mi ha convinto in questo senso?

La convinzione è che se avessi avuto l’esperienza musicale di
una vita da musicista, molti errori li avrei potuti evitare e avrei
reso mille volte migliore la mia esperienza musicale.

Adesso ti racconto di alcuni errori che ho fatto e che se avessi
avuto l’esperienza di cui ti parlo non avrei sicuramente fatto.

La mia prima scrittura da percussionista in un’orchestra
professionale è stata per l’esecuzione del settimo concerto
di Petrassi.

Una sinfonia che non presentava grandi difficoltà per la parte
che dovevo realizzare…  suonare una parte marginale di
percussione.

Ebbene, dopo la prima pausa ero completamente nel panico
e mi ero perso completamente, non riuscivo a seguire.

Adesso mi viene da ridere, perché quella parte era davvero
facile vista con gli occhi di ora dopo una vita passata nella
musica e dall’alto della mia esperienza musicale ma…cosa
era successo allora? E qual era stata la difficoltà incontrata?

Semplicemente il brano in questione era con una scrittura
che spesso cambiava tempo, cosa che in qualche modo
avevo studiato con il solfeggio ma che non mi aveva dato la
necessaria preparazione per affrontare quella semplice parte,
dico semplice perché era davvero così, niente a che vedere
con la complessità ritmica delle partiture di Stravinsky.

A quei tempi, la conoscenza del solfeggio non arrivava a
quella complessità ritmica che mi avrebbe fatto superare
facilmente le partiture di Stravinsky e quelle ancora più
complesse di Messiaen o Boulez.

Dopo quell’esperienza, ho lavorato e studiato per colmare
tale lacuna e devo dire che per me suonare una partitura
con tempi semplici o con tempi complessi come quelli di
Stravinsky è assolutamente naturale anzi, devo dire che
mi trovo quasi meglio nelle partiture ritmicamente complesse.

Che cosa ha fatto la differenza allora?

Semplicemente la preparazione specifica cioè: la

contestualizzazione ovvero l’esperienza pratica di suonare
in un contesto complesso insieme agli altri musicisti.

Che cosa voglio dire con questo!

Semplicemente che…a parte le lacune scolastiche di quei
tempi, il solfeggio è importante ma quello che fa la differenza
è passare dalla teoria di fare il solfeggio all’esecuzione vera
e proprie delle parti reali che esistono nel repertorio
musicale cioè: la contestualizzazione.

Ecco l’insegnamento e cosa mi suggerisce l’esperienza
musicale… studia il solfeggio ma dopo esegui il repertorio
musicale con il tuo strumento il più possibile vario,
abbracciando tutte le varie evoluzioni ritmiche…contestualizza,
cioè fai esperienza musicale o trova qualcuno che ti comunichi
la sua esperienza musicale.

Perché la contestualizzazione è così importante?

Provo a semplificare con questo esempio: Chiunque è in
grado di andare in bici ma, prova a pensare di andare in bici
con altri 20 o altri cento ciclisti.

Ti assicuro per esperienza diretta che, tutto cambia; devi
osservare delle regole rigide, stare attento a chi è davanti,
a chi è dietro, a chi accelera, a chi rallenta a chi deve
mangiare o deve fare il bisognino fisiologico, devi affinare i
tuoi sensi, in poche parole devi stare in una situazione
complessa.

Lo stesso è con la musica, studiare da soli serve fino ad un
certo punto ma contestualmente devi entrare nel
meccanismo complesso della musica cioè fare la musica
insieme con gli altri, un mondo che puoi capire solo
entrandoci dentro.

Questo è quello che ti farà crescere veramente.

M° Giovanni Ferraro

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