Tentenno e a pugni chiusi mi sforzo di dimenticare il dolore.
Dondola nei miei pensieri e la curva altalenante segue lo scricchiolìo della fragile porta che tende ad aprirsi in tutto il suo soffrire.
Ogni attimo è irresistibile, vorrei non pensarci ma il pensiero è sempre legato a quella piccolissima speranza, che passi, che tutto finisca al più presto.
Flebile, minuscola speranza che col passar del tempo si assottiglia e intanto comincio a sanguinare sentendo nella mia bocca l’odore acre del mio stesso sangue.
Mi sveglio ogni mattina cercando di nascondere il dolore a chi mi sta vicino e ai miei compagni, che mi hanno visto forte e orgoglioso mentre ora, un chiodo fisso, quell’essere minuto e candido è in grado di farmi torcere le budella.
Quanto odio questa sensazione d’impotenza conosco bene come andrà a finire, mi lascerà presto, lasciandomi un vuoto, una cicatrice che solo il tempo riuscirà a rimarginare.
Durante il giorno mi abbandona raramente, poiché basta un dolce momento o anche uno estremamente duro per farmi tornare a risentire quella scossa elettrica che mi scuote facendomi saltare i nervi.
Rimpiango i momenti in cui il nostro legame era solido e mordevamo la vita spensieratamente azzannando ogni frutto proibito con tale forza e tenacia che il sorriso della spensieratezza mai ci abbandonava.
Ora solo un filo ci unisce e nessuna terapia può essere valida, perderò il sorriso e sarò additato dai miei compagni che mi burleranno.
Dolcissima: sai Francesco mi fai pensare all’attività che ho proposto a scuola per l’AIDO: un dolore non è mai fine a se’ stesso e se lo doni acquisisce un grandissimo valore, più della tua stessa vita. Vedessi i bambini che belle poesie hanno scritto!
Un abbraccio
Anna
Che tenerezza. Forte la verità che ci ricorda che dal dolore nasce la vita. grazie anna
grazie per i vs commenti
@Francesco
Grazie a te per la tua bella favola